Nouvel ripensa l’ufficio

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Mobili per ufficio Milano

L’edizione numero 52 del Salone Internazionale del Mobile – dal 9 al 14 aprile a Fiera Milano, Rho – presenta un importante progetto firmato da uno dei nomi più illustri dell’architettura, Jean Nouvel, Pritzker Prize 2008. “Lavorare è abitare” dice l’architetto francese, chiamato a immaginare le trasformazioni che coinvolgeranno gli spazi di lavoro nei prossimi anni. A partire da una serie di domande fondamentali. Come possiamo evitare la ripetizione, la clonazione e l’assenza di personalizzazione che oggi caratterizza questi spazi? È possibile abitare i propri uffici con lo stesso piacere che si ha nella propria casa?

Le sue visioni, che saranno esposte all’interno del SaloneUfficio vogliono essere dei punti di partenza e degli spunti di riflessione per affrontare un momento di transizione come quello che stiamo vivendo, segnato da una crisi che porta molti edifici commerciali a rimanere vuoti e sempre più gente a lavorare in casaVorrei qui presentare un progetto di libertà, provare a opporre alla segregazione urbana e allo zoning altri luoghi per lavorare”. Questa la dichiarazione di intenti dell’architetto francese al quale Cosmit ha commissionato un grande progetto dedicato ai Saloni interpretando le profonde trasformazioni che hanno contraddistinto, negli ultimi anni, il mondo dello spazio da abitare e dello spazio di lavoro.

In un’area speciale, all’interno del padiglione 24 dedicato al SaloneUfficio, Jean Nouvel esplorerà le possibilità attuali del costruito attraverso i principi liberatori del rifiuto di spazi clonati, chiusi e ripetitivi e suggerendo alle aziende espositrici nuove formule di aggregazione per affrontare con maggiore forza il mercato interno e quello internazionale.

È alla fine degli anni Ottanta che Jean Nouvel costruisce il suo primo edificio per uffici, l’agenzia pubblicitaria CLMBBDO nella banlieue parigina, sviluppando i principali temi della sua personalissima visione dello spazio di lavoro: mobilità, convivialità, piacere, gioco, apertura tanto verso l’interno quanto verso l’esterno.

“Tra 30 o 40 anni saremo stupiti di constatare quali condizioni invivibili propongono la maggior parte degli uffici di oggi”, dichiara Jean Nouvel. “Cloni caricaturali, standardizzazione, totalitarismo, non potranno mai suggerire il minimo piacere di vivere in un ufficio”. E sono proprio la nozione del piacere del vivere in un ambiente di lavoro, la ricerca di nuovi materiali e di nuove tecnologie per realizzare soluzioni confortevoli, efficienti e rispettose dell’uomo e dell’ambiente quelle che “Progetto: ufficio da abitare” vuole far emergere. Abitare gli uffici come si abita la propria casa, la propria città, perché si abitano i luoghi dove si lavora tanto quanto dove si vive e ognuno ha diritto a piccoli piaceri – la regolazione della luce, le inquadrature, le viste – e a esprimersi attraverso i propri mobili od oggetti. “Non si lavora esclusivamente in ufficio. Si può lavorare e lavoreremo sempre di più in un appartamento, nel nostro appartamento, in un magazzino riconvertito – afferma l’architetto. E se lavorassimo in un grattacielo per uffici, bisognerebbe inventare spazi impregnati di generosità, che accolgano universi e personalizzazioni di ciascuno”.

“Progetto: ufficio da abitare” presenta alcune situazioni di lavoro in pieno contrasto con la segregazione urbana e la clonazione funzionale. Il ruolo dell’architetto – usando le parole di Jean Nouvel – è quello di interpretare le mutazioni tecniche, culturali e sociali contemporanee e proporre un linguaggio poetico, un progetto di libertà.

Al centro di SaloneUfficio un monolito, tanto misterioso quanto invitante con i suoi quattro video- ritratti dove un regista, un filosofo, un artista e uno scrittore esprimono i loro interrogativi e punti di vista sul mondo del lavoro.

L’evento prosegue con un percorso libero dove scoprire cinque inedite situazioni di lavoro che evidenziano come il modo di lavorare di oggi sia già superato. Un appartamento classico ristrutturato interamente come luogo di lavoro e arredato in chiave ultra moderna è la prima “scena”: lo spazio è a misura d’uomo, ogni stanza è unica, gli uffici risultano più umani e piacevoli rispetto a quelli ripetitivi e standardizzati. È la strategia del “cocooning”, ricreare il proprio nido anche nel luogo di lavoro per sentirsi rassicurati.

Seconda ambientazione, una serie di uffici contigui disposti in maniera razionale e strutturata, ma caratterizzati da un razionalismo generoso. Pareti scorrevoli, porte pieghevoli, luce e intimità dosate e regolate mediante l’uso di persiane, accessori che possono essere appesi o rimossi dalle pareti a piacere: l’ambiente di lavoro si chiude o si apre sugli uffici adiacenti a seconda delle esigenze e dei desideri.

A seguire: le potenzialità di un capannone, riconvertito in ufficio, per ottimizzarne il potenziale spaziale e una rappresentazione delle interazioni obbligatorie tra spazio domestico e di lavoro, riflesso della sempre più consolidata abitudine di lavorare da casa.

L’eterogeneità è la chiave dell’ultimo scenario: piani e scaffali da accatastare e impilare, si è tentati di scalarli, di sistemarsi su di essi per lavorare in modo diverso. Un “paesaggio” si forma come una sagoma di città. L’eterogeneità contamina anche i materiali, dall’alluminio al legno, cuoio e plexiglas e accoglie altri mobili, altre estetiche.

Spazi senza regole tradizionali, quindi, dove in primo piano viene messo il piacere di lavorare, dove ognuno compone il proprio spazio secondo le proprie esigenze, dove vivono giochi di luci e riflessi. Luce alla quale viene dedicato un laboratorio, un progetto teorico in cui gestire la propria luce e l’intensità luminosa, in antitesi con l’illuminazione standardizzata degli uffici di oggi.

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