Ufficio da abitare

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Ufficio da abitare: il progetto di Jean Nouvel

È un lavoro così articolato che è stato definito un piccolo quartiere, quello che l’architetto Jean Nouvel, vincitore nel 2008 del premio Pritzker per l’architettura, ha pensato per «Progetto: ufficio da abitare», all’interno del Padiglione 24 della Fiera Milano a Rho.
Uno spazio da vivere in molti modi. Questo il concetto che ha ispirato il lavoro di  Nouvelper l’installazione che Cosmit gli ha commissionato per I Saloni 2013.
È la principale installazione del Salone del Mobile di quest’anno e interpreta le profonde trasformazioni che hanno guidato la progettazione più illuminata degli spazi di lavoro negli ultimi anni.
Si sta parlando di 1.200 mq pensati per dimostrare che i luoghi dove trascorriamo la maggior parte della nostra vita attiva devono essere accoglienti.

In che cosa consiste l’ufficio da abitare?

«Dal momento in cui ci si libera da tutti i sistemi clonati e alienanti, si nota che sono molte le soluzioni possibili», ha spiegato Nouvel. «È necessario progettare e pensare il lavoro in modo alternativo: un ufficio, dovunque si trovi, deve essere uno spazio a se stante, identificabile, trasformabile, carico di umanità, pieno di storia e di oggetti, un luogo piacevole e relazionale».
Ed ecco dunque gli scenari particolari arredati con gli elementi che si ritrovano poi negli stand espositivi di quest’anno, usati da Nouvel in modo del tutto singolare per renderli abitabili umanamente ed emotivamente.
La luce – altro tema del Salone quest’anno – è centrale e appare come un vero laboratorio di illuminotecnica inedita che fa da filo conduttore al progetto.
«Se le persone stanno bene, lavorano meglio», ricorda l’architetto.

Le cinque possibili situazioni di lavoro confortevole.

  • La prima è un appartamento classico, con saloni, camera, cucina, camini, pavimentazione domestica. Atmosfera intima, eleganza e opulenza per grandi manager e imprenditori che hanno bisogno di uno spazio casalingo che sia anche luogo di rappresentanza.

 

  • La seconda è la necessità: l’espressione di una tendenza che si va sempre più affermando. Lavorare a casa propria. Di giorno l’abitazione si trasforma in ufficio, di sera e nei festivi ritrova le sue funzioni di nido: i mobili da lavoro si adattano alle mansioni della vita familiare e viceversa, gli oggetti hanno doppia vita.

 

  • Il terzo è uno spazio aperto, all’interno un sistema di mobili industriali che si compongono, si accatastano e si rimontano, e che rompe con il totalitarismo e la ripetitività degli uffici di oggi. Mobili di epoche diverse si mescolano con oggetti venuti da altri universi. Questo permette a ciascuno di esprimersi e di scegliere la modalità preferita: isolarsi dal vicino o avvicinarvisi; sedersi sulla scrivania ma anche coricarvisi. Materiali differenti, dal legno al cartone, dalla pelle alla plastica colorata, elementi completamente diversi convivono tracciando le sagome di una città, come piccoli skyline.

 

  • Il quarto spazio è un capannone, semplice contenitore in lamiera tipico delle periferie urbane. Ambienti vuoti e anonimi che consentono di approntare qualunque soluzione: sopraelevazioni, divisioni, aperture e chiusure. La libertà di riconversione caratterizza questi contenitori post-industriali.

 

  • Il quinto e ultimo spazio è il razionalismo. Un sistema di uffici hi-tech a pianta aperta che, pur rientrando nella standardizzazione consueta, ha come obiettivo la trasformazione. Pareti mobili e smontabili consentono di riconfigurare continuamente gli spazi. Le porte sono scorrevoli o a fisarmonica, i vetri serigrafati per proteggere l’intimità di ciascuno.

 

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